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Questa settimana visita alle cantine Marilina, azienda familiare votata al bio (e vegano) situata su una collina in un’area anticamente conosciuta come Poggio dei Fossi, nel comune di Noto (SR). Ad aspettarci al nostro arrivo in cantina, Federica Paternò, davvero un ottimo anfitrione, che ci ha accompagnato per tutto il pomeriggio fra vigneti, cantina e sala degustazione.

Con competenza e preparazione, ci ha raccontato non solo i vini prodotti insieme a sua sorella Marilina, sotto lo sguardo vigile e la guida del padre Angelo, con un occhio al passato, dalle tradizioni della nonna (i suoi cannoli preparati con le canne di bambù) fino ai semi del carrubo usati come unità di misura (da cui l’espressione carati, dalla parola araba qirat) ed alla “scozzolatura” dei primi fiori dei fichi d’india.

Abbiamo camminato prima fra le viti a spalliera del Nero d’Avola, che si trovano subito sotto la cantina per poi raggiungere quelle ad alberello del Moscato, già presenti qui da quasi 40 anni, situate sulla collina dietro al grande carrubo, dove le terre di contrada S. Lorenzo si fanno ancora più chiare (se possibile).

Vigneti da cui si raccoglie tutto esclusivamente a mano, anche dove le viti ad alberello toccano terra, ed il lavoro diventa decisamente più faticoso. Ed abbiamo ascoltato con sincero interesse la filosofia “vegana” dell’azienda, nata quasi come conseguenza naturale del loro desiderio di intervenire il meno possibile in cantina, vinificando come facevano i nonni, evitando quelle sostanze usati per chiarificare che spesso sfuggono non solo al bevitore più frettoloso, ma anche a chi è abituato a degustare con maggiore attenzione. Prodotti come l’albumina d’uovo, la caseina, la gelatina e la colla di pesce, che possono creare problemi non solo a chi beve vegano come stile di vita, ma anche a chi soffre delle sempre più comuni intolleranze alimentari. Il risultato è per esempio un moscato secco con un (a mio parere straordinario) colore oro carico, ambrato, così come ci si dovrebbe aspettare da un vino a questa latitudine.

Marilina e Federica hanno ereditato la passione per le vigne e per i loro prodotti da papà Angelo, che ha lavorato come enologo e direttore tecnico prima alle cantine Settesoli a Menfi e poi a Casteldaccia presso Duca di Salaparuta. Lo hanno seguito nelle sue avventure sulle strade della Trinacria per approdare nel 2001 in questa terra, dal suolo abbagliante, la terra della DOC Eloro Pachino, dove il Nero d’Avola la fa davvero da padrone.

Molto interessante la cantina, dove Angelo ha preso alcune decisioni piuttosto “differenti” che sono frutto non solo della sua esperienza ma anche della sua personalità originale. per esempio l’idea di non usare l’acciaio ma il cemento per raccogliere e conservare il suo vino.

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